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LA SETTIMANA ROSSA DI ANCONA, 7 GIUGNO 2014

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view post Posted on 4/1/2013, 18:37
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La Settimana Rossa fu la conseguenza di un'insurrezione popolare sviluppatasi ad Ancona e propagatasi dalle Marche alla Romagna, alla Toscana e ad altre parti d'Italia, tra il 7 e il 14 giugno 1914, per contestare una serie di riforme introdotte da Giovanni Giolitti. L'insurrezione è rimasta famosa perché i poliziotti aprirono il fuoco sui manifestanti. Ancora oggi gli storici dibattono sulle reali responsabilità dell'accaduto.




Il comizio antimilitarista convocato il 7 giugno (anniversario dello Statuto Albertino), per l'abolizione delle "Compagnie di Disciplina nell'Esercito", per protestare contro il militarismo, contro la guerra, e a favore di Augusto Masetti e Antonio Moroni, due militari di leva. Il primo fu rinchiuso come pazzo nel manicomio criminale (aveva sparato al suo colonnello prima di partire per la guerra italo-turca), l'altro fu inviato in una Compagnia di Disciplina per le sue idee (era sindacalista-rivoluzionario). Essendo quella del 7 giugno una giornata piovosa, si decise di spostare il comizio alle ore 18 alla "Villa Rossa"[1] sede del partito repubblicano di Ancona. Alla presenza di circa 600 persone, repubblicani, anarchici e socialisti, parlano il segretario della Camera del Lavoro, Pietro Nenni, Pelizza, Errico Malatesta per gli anarchici e Marinelli per i giovani repubblicani. Dalla villa si decise si muovere verso la vicina piazza Roma dove si stava tenendo un concerto della banda militare.


Ancona Via Torrioni targa commemorativa dei caduti della Settimana Rossa
La forza pubblica, volutamente distribuita su due ali in modo da bloccare l'accesso alla piazza e far defluire in fila indiana verso la periferia della città la folla, dopo aver avvisato i manifestanti con ripetuti squilli di tromba, iniziò a picchiare indiscriminatamente, mentre dai tetti e dalle finestre delle case furono lanciati pietre e mattoni. Alcuni colpi di pistola vennero esplosi: secondo i rivoltosi da una guardia di pubblica sicurezza, mentre i carabinieri sostenevano che fossero partiti dalla folla. A seguito di questo, i carabinieri aprirono il fuoco: spararono circa 70 colpi. Tre dimostranti furono uccisi: Antonio Casaccia, di 24 anni, e Nello Budini, di 17 anni, entrambi repubblicani, morirono all'ospedale, mentre l'anarchico Attilio Gianbrignoni, di 22 anni, morì sul colpo. Vi furono anche cinque feriti tra la folla e diciassette tra i carabinieri.
Un'ondata di indignazione si sparse subito per tutta la città, mentre le forze di polizia si tenevano cautamente distanti.
Il Comitato Centrale del Sindacato dei Ferrovieri era riunito ad Ancona e su proposta di Errico Malatesta dichiarò lo sciopero di categoria, che per motivi organizzativi iniziò il 9 giugno, in concomitanza dei funerali dei manifestanti che tuttavia si svolsero in maniera abbastanza tranquilla, e in alcune regioni solo il 10. I moti dalle Marche e dalla Romagna, si propagarono in Toscana ed in altre parti d'Italia. Lo sciopero generale durò un paio di giorni, la successiva mobilitazione dell'esercito convinse il sindacato ad abbandonare la lotta.
« Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. »

Pietro Nenni, qualche tempo dopo, disse che a volere l'eccidio a tutti i costi era stata la polizia di Ancona, che lo aveva provocato e premeditato in combutta con le forze reazionarie.
La rivolta fallì a causa della mancanza di unità: non c'erano organizzazioni in grado d'incanalare le forze e dare loro un programma.



Ancona Via Torrioni targa commemorativa dei caduti della Settimana Rossa



Nenni e la Settimana Rossa (PER CAPIRE L'IMPORTANZA DI QUESTO EVENTO STORICO)

a cura di Luciano Lucci

Le origini di Pietro Nenni
Nacque a Faenza, isola bianca nella Romagna gialla (repubblicana) e rossa (socialista), nel 1891 da una famiglia povera; diventerà ben presto orfano di padre e la madre sarà costretta a fare i lavori più umili per poter mantenerlo agli studi in un istituto di beneficenza nella sua nativa Faenza, sino ai sedici anni e cioè fino a quando fu cacciato per ribellione ai superiori ed alle ideologie che impersonava.

Pietro Nenni è il rappresentante tipico del popolano romagnolo, ribelle per istinto e fuori legge per la "cattiva" educazione di riflesso ricevuta dalla classe urbana dirigente, repubblicana, anticlericale, materialista.

In giovane età vide le prime repressioni perpetuate ai danni degli operai dagli agrari e dall’esercito; fu allora che scelse da che parte schierarsi, al fianco dei più umili e degli oppressi: fu fedele a ciò per tutta la vita.


Inizialmente aderì al movimento repubblicano

È fatale in Romagna che tutti i ribelli facciano il loro tirocinio rivoluzionario nelle Case repubblicane. Già allora la Romagna era una delle basi elettorali e di consenso di quello che sarà il partito dell’edera.

Fu romagnolo indubbiamente, fin quasi allo stereotipo.

Per la passionalità, per il primato assegnato alla pratica rispetto alla teoria, per la capacità di adattarsi in permanenza al mutare degli scenari politici. Repubblicano nel 1908, segretario (1911) della Camera del Lavoro di Forlì, contrario alla guerra di Libia nel 1911, nel 1913 diresse ad Ancona il settimanale Lucifero, fu protagonista nel 1914 della "settimana rossa" di Ancona, conobbe il carcere in compagnia di un altro romagnolo illustre: Benito Mussolini che all’epoca frequentava, anch’egli, gli ambienti dell’estrema sinistra e del movimento repubblicano.

Quale sia il repubblicanesimo predicato si può immaginare dalle sommosse antimilitariste del 1911 e 1914, per la famosa "settimana rossa" originata, come è noto, da un comizio antimilitarista tenuto il 7 giugno ad Ancona da Enrico Malatesta e da Pietro Nenni; nonché dall'adesione dei repubblicani all'anarchica Alleanza del Lavoro, avvenuta nel 1922 che diede luogo all'uscita dal Partito di una non esigua minoranza di inscritti, ora aggruppati attorno al manipolo di intellettuali facenti capo alla ravennate Italia del Popolo e guidati dall'ex-on. Comandini.

Le simpatie che i repubblicani non hanno mai negato di provare nei riguardi dell'anarchismo, dei suoi uomini e dei suoi metodi, si spiega col riconoscere che una non comune radice li ha espressi e li esprime: l'insurrezionismo, ereditato dai rivoluzionari del sec. XIX, ma specialmente da Mazzini.

"Furono sette giorni di febbre"


"Furono sette giorni di febbre" scriverà più tardi Pietro Nenni, "durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata ".

Fu interventista a fianco di Mussolini durante la Grande Guerra

Fu "interventista rivoluzionario" a fianco di Mussolini nella grande guerra,

Nel 1919 fu tra i fondatori del primo fascio di combattimento a Bologna.

Subito riconosciuta nel fascismo la reazione, nel 1920 lasciò il Pri e nel 1921 divenne socialista.

Le strade di Nenni e di Mussolini si dividono

È qui che le strade di Nenni e di Mussolini si dividono; Mussolini diventerà il fondatore ed il capo indiscusso del fascismo, invece Nenni rimarrà fedele al socialismo e sarà uno dei massimi esponente dell’antifascismo e della democrazia e della sinistra italiana.

Nel 1922 colse nella marcia su Roma il disvelamento della natura reazionaria della democrazia borghese.

L’anno di adesione di Nenni al PSI, il 1921, coincise con la scissione comunista di Livorno; ciò fu una ferita aperta per tutta la vita dello statista socialista: per tutta la vita cercò di rimarginare le ferite ed i danni che tale evento aveva provocato nella democrazia e nella sinistra italiana.

Durante il ventennio fascista fu uno dei massimi dirigenti del socialismo e dell’antifascismo italiano ed internazionale: dalla Spagna alla Resistenza italiana la presenza di Nenni era sempre stata assidua e sicuro punto di riferimento per tutti i democratici.

Si oppose però alla fusione dei massimalisti con il Pcd'I e si battè per l'unità con i riformisti di Turati.

Nel 1925 fondò con Rosselli la rivista Quarto Stato. Emigrò poi a Parigi.

Durante la guerra di Spagna nel 1936 fu commissario politico nelle Brigate Internazionali, e combatté al fianco di democratici provenienti da tutto il mondo. E’ proprio a partire dall’esperienza spagnola che vennero poste le basi dell’unità politica d’azione con i comunisti di Palmiro Togliatti.

Confinato a Ponza, dopo la caduta del Duce andò a Roma e nel periodo della Resistenza assunse, con Sandro Pertini, Giuseppe Saragat e Lelio Basso la guida del PSI finalmente riunificatosi con il nome di Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP)
 
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lushnroll
view post Posted on 5/1/2013, 15:04




lunga vita a malatesta!
 
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1 replies since 4/1/2013, 18:20   441 views
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